A CHE SERVE UN TELESCOPIO?

prima che esploda il coro per dire: ” a ingrandire”, oppure ” ad avvicinare”, vi tappo la bocca perché fareste una pessima figura. E vi comunico, nello stesso tempo, che il telescopio , per quanto riguarda le stelle, non ingrandisce e non avvicina. Spiacente di procurarvi questa delusione e questa amarezza, vi ricorderò che le stelle sono estremamente lontane e che anche ammettendo che un telescopio abbia un ” ingrandimento” di 500, 1000 volte non cambia nulla. una stella è puntiforme e rimane un punto nel campo del telescopio . E allora perché si adoperano i telescopi nelle osservazioni stellari? Dovete pensare un momento a come funziona l’ occhio . aiutandovi a guardare la figura qui sotto, la stella S irradia energia in tutto lo spazio. Non c’è motivo di credere , almeno quando si affronti il problema in termini generali , che l’ irraggiamento abbia direzioni differenziali.di questa energia una parte entra nell’ occhio . È quella che sta nel cono avente per base la pupilla e per altezza la distanza che separa l’ occhio dalla stella. Si tratta di un cono ben stretto .ora, l’ organo della vista , occhio – nervi- parte del cervello, funziona ( e noi vediamo) solo sé l’ energia entrata nell’ occhio supera un volume minimo ( o valore di soglia , diverso da individuo a individuo) .se è inferiore , non c’è nulla da fare . Ci si può sforzare in tutti i modi , o fissare per lungo tempo il punto nel quale si suppone che esista una sorgente di luce , non si vede niente. buio. Ma l’energia che arriva al telescopio è più grande di quella che arriva alla pupilla di quanto l’ area dell’ obbiettivo è più grande dell’ area della pupilla. poiche questa è, più o meno , al buio , di 20 mm quadrati, si può calcolare subito che un telescopio di 30 cm di diametro ( è un telescopio questo che può trovarsi con una certa frequenza negli osservatori degli astrofili) riceve circa 3500 volte più energia di quanta ne riceva l’ occhio , nelle stesse condizioni , dalla stessa stella .un telescopio da 100 cm di diametro ( è un telescopio medio) ne riceve invece 40000 volte di più .ora ,se si tiene conto che il telescopio è fatto in modo da convogliare tutto quello che riceve dalla stella dentro l’ occhio , appare chiaramente che guardare con un telescopio è come guardare con un occhio avente una pupilla grande quanto l’ obbiettivo .nei casi detti si riceverà , quindi , 3500 e, rispettivamente , 40000 volte più radiazione. E poiché , come è stato detto e come vedremo subito , un fattore 100 equivale a 5 classi di magnitudine, col primo telescopio si potranno vedere stelle fino alla 15 esima magnitudine ( se a occhio nudo si vedono stelle della sesta magnitudine) e col secondo fino alla diciassettesima e mezza. In realtà le cose non vanno così bene; ci sono perdite ed effetti vari che abbassano il limite della visibilità di una , due magnitudini, ma non v’è alcun dubbio che stelle prima visibili , se Ve ne sono , diventano visibili .e Ve ne sono, e sono una miriade. a puntare il telescopio verso zone della via lattea c’è veramente da restare inpressionati. Allora è chiaro ; il telescopio non ingrandisce e non avvicina le stelle ma permette di vedere cose , stelle ed altri oggetti di cui si sarebbe giurato che non c’ era nulla.

effetto dell’ utilizzazione del telescopio nelle osservazioni stellari. l’ energia stellare raccolta dall’ occhio è quella contenuta nel cono avente per vertice la stella e per base la pupilla dell’ occhio , cioè quella contenuta nell’ angolo solido w. L’ energia raccolta dal telescopio è inviata alla pupilla dell’ occhio è invece quella contenuta nell’ angolo solido w.’ data l’ enorme distanza della stella , l’ obbiettivo del telescopio e la pupilla dell’ occhio sono alla stessa distanza dalla stella. Tratto dal libro: cento miliardi di stelle, il mestiere dell’ astronomo. Di Mario rigutti.

NASCITA DELLA SCIENZA MODERNA, terza parte

da secoli gli studiosi si interrogavano su di un fenomeno chiamato luce cinerina o luce secondaria, per cui la porzione lunare non illuminata dalla luce solare è comunque sempre rischiarata da un ” tenue chiarore” . Per spiegare questo ” candore” , particolarmente evidente quando la luna appare come una falce , nel corso dei secoli erano state proposte varie interpretazioni . ” Alcuni dissero posseder la luna un suo naturale splendore; altri, che le fosse impartito da venere ; altri , da tutte le stelle ; altri, dal sole, il quale coi suoi raggi attraverserebbe la profonda solidità della luna ” . Galileo, con i suoi esperimenti mentali, smonta ognuna di queste ipotesi. Si convince infine che il bagliore sia dovuto al riverbero della luce solare sul nostro pianeta. La terra, dunque , non è” priva di luce “come proclamato dalla visione scientifica dell’ epoca, ma ” superate in splendore la luna ” . Così galileo concluderà il SIDERIUS NUNCIS, annunciando la futura pubblicazione di un ‘opera nella quale tratterà l’ argomento ” più diffusamente” e ” con moltissimi ragionamenti ed esperimenti” . L’ opera sarà data alle stampe due decenni dopo , nel 1632, col titolo : dialoghi sopra i due massimi sistemi del mondo. e, come sappiamo, regalerà allo scenziato una condanna da parte del sant’ uffizio. Ma galileo, nel corso della sua vita, non dovette difendersi solo dalla chiesa. Nei primi anni del diciassettesimo secolo il ciabattino e alchimista dilettante Vincenzo casciarolo aveva rinvenuto una roccia ai piedi del monte Paderno, fra i colli bolognesi. Non era una roccia comune : era un cristallo, incolore e sfaccettato. Si scopri inoltre che, una volta macinato e scaldato ad alte temperature , poteva assorbire la luce solare rimanendo luminescente per qualche tempo . Il cristallo, passato alla storia come pietra di Bologna, era barite , un minerale da cui è possibile estrarre un composto fosforescente, il solfuro di bario. All’ epoca ,però, il suo ritrovamento darà il via a una accesa discussione fra il medico e scienziato fortunio liceti e galileo galilei. Fortunio liceti , convinto che la pietra di Bologna sia un meteorite lunare , trova uno spunto per criticare la visione galileiana della luna e della cosmologia, minandone le basi a cominciare dall’ idea che il candore lunare sia provocato dalla riflessione terrestre dei raggi del sole. Uno degli scritti più belli ( e meno conosciuti) di galileo è sul candore della luna, una lettera inviata nella primavera del 1640 al principe Leopoldo di toscana. Ormai anziano e cieco, galileo detta questa lettera per rispondere ” fisicomatematicamente” alle affermazioni ” dell’ eccellentissimo signor fortunio liceti” .il tutto col sarcasmo e la falsa modestia che sempre caratterizzavano le sue opere. Nello scritto , però, frutto di lunga meditazione su ciò che furono gli insegnamenti di un’ intera carriera, possiamo oggi ritrovare tutti i punti fondamentali del metodo di galileo , alla base di quello che noi oggi definiamo metodo scentifico: l’ importanza della matematica, la replicabilità delle esperienze, gli esperimenti mentali, l’ opposizione al senso comune e ai propri pregiudizi, la lotta alle dicerie e a quelle che ai giorni nostri chiamiamo fake news. potremmo quindi considerare quella lettera un vero e proprio manifesto della scienza moderna. Una scienza spesso sottovalutata, criticata e osteggiata nonostante tutte le sue conquiste , ieri come oggi . Una scienza che non avremmo se, in una fresca notte d’ autunno di quattro secoli fa , un uomo non avesse deciso di volgere il suo sguardo curioso al cielo.

In questa immagine, galileo spiega le sue teorie astronomiche all’ università di Padova ( dipinto di Felix parra) tratto dal libro:alle frontiere del cosmo, a cura di Gianluca ranzini

NASCITA DELLA SCIENZA MODERNA,seconda parte.

ariosto aveva già descritto nei suoi versi la superficie lunare come ” ineguale ,scabra e con molte cavità e sporgenze , non diversamente dalla faccia della terra , variata da catene di monti e profonde valli ” . Similmente l’ aveva immaginata giordano bruno . Le loro ,però ,erano solo supposizioni . Galileo , invece , la sta osservando . Ne ha ” sensata esperienza” . un’ esperienza diretta , grazie all ‘oggettivita conferita dal suo strumento scientifico , che dimostra che le leggi fisiche terrestri sono le stesse che regolano la luna . E con ogni probabilità , il cosmo intero. Un’ esperienza in aperto contrasto con la visione aristotelica -tolemaica . Secondo Aristotele il mondo celeste era composto da una materia perfetta , incorruttibile e in eterno moto all’ interno di un sistema composto dalle forme perfette per eccellenza : le sfere . La terra era invece un mondo corruttibile, in continuo divenire; un alternarsi di vita e morte legato a una mescolanza imperfetta di terra , acqua ,aria, e fuoco.esistevano dunque due fisiche separate a formare una concezione del cosmo che, secolo dopo secolo , si era intrisa sempre più di elementi teologici .e che, proprio per questo , non si poteva mettere in discussione . Ma galileo già negli ultimi anni del cinquecento aveva cominciato ad accettare sempre più il sistema eliocentrico copernicano , convincendosi inoltre che la distinzione tra fisica celeste e terrestre non avesse senso : in fondo, se la terra orbita intorno al sole come gli altri corpi celesti , perché mai dovrebbe avere una fisica differente? Ora, però , ne aveva la conferma . ” Oggi dieci gennaio 1610, l’ umanità scrive nel suo diario : abolito il cielo” , scriverà bertolt Brecht nel suo ” vita di galileo” . L’ applicazione della fisica aristotelica al sistema copernicano, peraltro , portava a una lunghissima serie di paradossi. Galileo si convince quindi che si debba sviluppare una nuova fisica, in cui la terra e la luna , morfologicamente simili ,siano l’ una lo specchio dell’ altra. Per cui ” la terra , grata , rende alla luna luce pari a quella che essa stessa dalla luna riceve per quasi tutto il tempo nelle tenebre più profonde della notte”. Galileo giunse a questa conclusione sfruttando un ulteriore strumento scientifico.uno strumento che secoli dopo permetterà ad Albert Einstein di elaborare i postulati della sua teoria della relatività ristretta e a Erwin schrodinger di sondare l’ assurdo mondo della meccanica quantistica: l’ esperimento mentale. Dove non può arrivare la sensata esperienza , può giungere la mente. Solo sé , però, essa naviga lungo la rotta tracciata dall’ esperienza, affidandosi agli strumenti razionali e oggettivi della matematica. Solo così l’ intelletto può schivare gli scogli dell’ intuito e dei pregiudizi. Un concerto ripreso tre secoli più tardi dal filosofo della scienza BERTRAND RUSSELL. Fine seconda parte. Tratto dal libro: alle frontiere del cosmo, a cura di Gianluca ranzini.

LA NASCITA DELLA SCIENZA MODERNA prima parte.

non è possibile dire quando per la prima volta un occhio umano abbia scrutato il cielo alla ricerca di conoscenza. Ne sarebbe possibile risalire realmente alla nascita della scenza , se anche riuscissimo a trovare una definizione comunemente accettata. Quello che però mi sento di dire – e mi scuserà chi non concorda- è che la scenza moderna è nata a Padova , in una fresca notte d’ autunno del 1609. Più precisamente, la notte in cui il fisico e astronomo pisano galileo galilei ha compiuto un gesto che oggi potrebbe apparire semplice, ma che in realtà è stato rivoluzionario : volgere il” nuovo occhiale” giunto dall’ olanda e da lui perfezionato empiricamente – il cannocchiale – verso il cielo . Fino al quel momento lo strumento era stato rivolto solo verso l’ orizzonte , con l’ intento bellico di scorgere prima navi o truppe nemiche in avvicinamento . Galileo aveva però intuito che in fondo , se c’è un luogo in cui la capacità di ridurre le distanze alla vista è fondamentale , questo si trovava sopra la sua testa . E con un rapido gesto , ha trasformato uno strumento di guerra in uno strumento di scienza. Galileo ha deciso di osservare per primo un oggetto capace fin dall’ antichità di ispirare l’ umanità e alcuni dei suoi rappresentanti più illustri, da Dante a Ludovico Ariosto : la luna . A essere onesti , non è stato il primo a farlo . All’ inizio di quella stessa estate l’ astronomo e matematico Thomas harriot aveva puntato verso lo stesso obbiettivo un rudimentale tubo ottico. I suoi disegni ,però , non erano rivoluzionari . Perché nella scenza non basta guardare : serve vedere.e-come disse il matematico , fisico e monaco benedetto castelli – l’ occhio di galileo era ” il più nobil occhio , che abbia mai fabbricato la natura” . Come riportato nel ” siderius nuncis”, quest’ occhio , in quella notte d’ autunno ,ha osservato ” cose mai finora vendute ” : il nostro satellite non presentava infatti solo le aree lucenti e le macchie scure ” grandi e antiche”, visibili a occhio nudo , ma anche altre ” minori per ampiezza ma pure così frequenti da coprire l’ intera superficie lunare , soprattutto la parte più luminosa : e queste non furono viste da altri prima di noi”. L’ occhio di galileo non era però nobile per la sua vista acuta o perché potenziato da un telescopio . Lo è per lo spirito con qui si approccia alla scenza , a dispetto delle convinzioni dominanti dell’ epoca . convinzioni che galileo è pronto a rivoluzionarie. Fine prima parte, tratto dal libro:alle frontiere del cosmo, a cura di Gianluca ranzini.

LO SPETTROMETRO

fu inventato nel 1814 da Joseph von fraunofer ( 1787-1826) per analizzare la luce delle stelle. Lex vetraio diventato scenziato aveva scoperto che in uno spettro continuo di colori c’erano diverse linee nere, che indicavano l’ assenza di determinati colori. Lo spettrometro adattato di bunsen e kirchhoff dimostrò che la luce delle fiamme non costituiva uno spettro completo: includeva solo una manciata di colori, come una serie di deboli linee.i due scienziati tedeschi osservarono come ogni elemento emettesse un determinato spettro, cioè una scala precisa di colori, che permetteva di identificare la sostanza in esame. Nel 1859, bunsen e kirchhoff impiegarono il loro spettrometro per individuare due nuovi metalli, il cesio prima e il rubidio poi. La spettroscopica mostrò che la luce emessa era una caratteristica comune a tutti gli elementi ed era intimamente legata alla loro struttura atomica. ASSORBIMENTO E EMISSIONE. La spettroscopica si fonda sulle tre leggi elaborate da kirchhoff: 1) corpi solidi incandescenti emettono uno spettro continuo di colori ( luce bianca); 2) un gas caldo ( come una fiamma) brilla di una serie specifica di colori ( lo spettro di emissione);3)un gas rarefatto assorbe determinati colori della luce bianca , formando le righe nere dello spettro continuo ( come osservato in precedenza). Tali spettri di assorbento indicano gli elementi che compongono gas e polveri interstellari. In questa immagine possiamo vedere alcuni spettri riguardanti stelle assai visualmente molto luminose, e in più – in fondo – lo spettro riguardante la cometa di ENCKE. Tratto dal libro ELEMENTS di TOM JACKSON

ASTRONOMIA E ….. SECONDA GUERRA MONDIALE.

uno dei più importanti assedi della seconda guerra mondiale , fu senza dubbio l’ assedio di Stalingrado, da parte dell’ esercito tedesco, ma andiamo per ordine: nel 1941 dopo la mancata presa (da parte dei tedeschi )della città di Mosca , Hitler decise non solo di cercare di impadronirsi dei pozzi petroliferi nel sud della Russia , ma anche di attaccare e distruggere la città di Stalingrado. Dopo un iniziale e intenso bombardamento sulla città di Stalingrado, che rase quasi completamente al suolo la città russa, i tedeschi tentarono di entrarvi dentro , ma con esito nefasto per loro.i russi dopo essersi difesi tra le rovine della città, decisero di accerchiare l’ esercito tedesco, oramai provato dal terribile freddo e dalla fame.i russi decisero anche di attaccare le forze alleate dei tedeschi ,vale a dire ungheresi, romeni e italiani , che fin da subito furono messi in ginocchio e sconfitti. I russi decisero di chiamare la riconquista di Stalingrado : la missione “URANO “( settimo pianeta del sistema solare). E l’ attacco agli italiani, con la missione “PICCOLO SATURNO”. Sempre nella seconda guerra mondiale, ma dall’ altra parte del mondo , negli stati uniti d’ america, l’ astronomo tedesco baade – naturalizzato statunitense – approfittando dell’ oscuramento della città di Los Angeles , fu in grado di fare ricerche molto dettagliate delle stelle della galassia di Andromeda e della sua più vicina galassia “m31″, scoprendo due tipi di popolazioni stellari, le stelle di popolazione ” uno” che si trovano nei dischi centrali delle galassie ellittiche, ricche di elementi pesanti, e le stelle di popolazione ” due” che si trovano all’ esterno delle galassie, povere di elementi pesanti come il ferro.

LA SPETTROSCOPIA

nel diciannovesimo secolo, ormai era noto che le fiamme della combustione di sali e altri composti avessero colori specifici . Lo studio di questi colori diede vita a una disciplina completamente nuova. Il saggio alla fiamma fu la prima tappa di un lungo viaggio di scoperte chimiche, e un modo efficace per diversificare i sali , che erano tanti e molto simili tra loro . Una fiamma arancione indicava , per esempio, la presenza di sodio , il lilla’ chiaro suggeriva che il sale contenesse potassio . Anche l’ innaturale luminescenza del tubo di geissler( tubo dove venivano emesse scariche elettriche) sembrava supportare l’ idea che il colore era una sorte di firma degli elementi. Per verificare questa ipotesi , Robert bunden si mise all’ opera con il suo bruciatore a gas. Il suo bruciatore si chiamava ” il becco di bunsen”, e produceva un flusso costante e continuo di calore intenso e una debole fiamma azzurrognola , che non influiva troppo sul colore del campione utilizzato. Nonostante ciò , bunsen ebbe dei problemi a isolare il colore preciso delle fiamme dei combustibili . Fu Gustav kirchhoff( 1824-1887) , professore all’ università di Heidelberg , a intervenire sulla questione . Per identificare i colori delle fiamme , kirchhoff propose di rifrangere la luce che emettevano attraverso un prisma , proprio come aveva fatto Newton due secoli prima nel suo innovativo lavoro sull’ ottica e sullo spettro elettromagnetico. E per farlo uso uno strumento già esistente: lo spettrometro. In questa immagine ( qui sotto) vediamo lo spettrometro di bunsen e kirchhoff focalizzata la luce della fiamma verso un prisma centrale , che a sua volta dirigeva la luce in direzione di un oculare esterno. ( Tratto dal libro: ” elements ” di Tom Jackson)

PIANETI TERRESTRI

i quattro pianeti “terrestri ” sono mercurio, venere, terra, marte. Sono chiamati terrestri perché hanno densità e dimensioni paragonabili a quelle della terra e nettamente diverse da quelle dei pianeti “giganti ” , giove, Saturno, urano, nettuno, la cui densità è molto Minore e vicina a quella dell’ acqua le cui dimensioni sono molto maggiori , come indica l’ appellativo di giganti. A causa della piccola massa , durante il processo di formazione essi non furono in grado di trattenere gli elementi più leggeri , idrogeno ed Elio, che sono anche quelli più abbondanti nell’ universo. Rispetto ai pianeti giganti essi sono anche più poveri di composti volatili come acqua , metano e ammoniaca. I principali componenti dei pianeti terrestri sono materiali ferrosi e silicati , come indica la loro densità media compresa tra quella di mercurio e terra pari a circa 5,5 volte la densità dell’ acqua e quella di marte , che dell’ acqua è quasi 4 volte più denso. Malgrado alcune somiglianze , però i quattro pianeti terrestri hanno caratteristiche molto diverse. Tratto dal libro: alla scoperta del sistema solare, di margherita hack